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Etica e bioetica

La Sentenza della Consulta sul suicidio assistito

La Corte Costituzionale ha emesso ieri, mercoledì 25 settembre 2019, una Sentenza in merito alle questioni sollevate dalla Corte d’Assise relativamente al caso di suicidio assistito di Fabiano Antoniani.

Le questioni valutate dalla Consulta erano state sollevate dalla Corte d’assise di Milano, relativamente al caso del suicidio assistito del deejay Fabiano Antoniani – conosciuto come dj Fabo – per il quale Marco Cappato rischiava una sentenza di condanna fino a dodici anni di carcere. Cappato, già membro del partito radicale e tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, aveva infatti accompagnato Antoniani in una clinica in Svizzera. Qui era poi avvenuto il suicidio assistito di dj Fabo, divenuto tetraplegico anni prima, a causa di un incidente.

La Sentenza della Corte Costituzionale è intervenuta sulla questione – disciplinata dall’articolo 580 del Codice penale – della punibilità di chi aiuti una persona che abbia deciso di suicidarsi a compiere il proprio proposito. Nella nota ufficiale della Consulta si legge: “La Corte ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli”.

La Corte Costituzionale auspica un necessario intervento legislativo, spiegando di aver “subordinato la non punibilità al rispetto delle modalità previste dalla normativa sul consenso informato, sulle cure palliative e sulla sedazione profonda continua – articoli 1 e 2 della legge 219 2017 – e alla verifica sia delle condizioni richieste che delle modalità di esecuzione da parte di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente”.

La Consulta sottolinea inoltre che “l’individuazione di queste specifiche condizioni e modalità procedimentali, desunte da norme già presenti nell’ordinamento, si è resa necessaria per evitare rischi di abuso nei confronti di persone specialmente vulnerabili, come già sottolineato nell’ordinanza 207 del 2018. Rispetto alle condotte già realizzate, il giudice valuterà la sussistenza di condizioni sostanzialmente equivalenti a quelle indicate”.

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