Nel 2024 quasi 3,6 milioni di lavoratori agili in Italia. Le grandi aziende non solo mantengono lo smart working, ma estendono il numero di giornate da remoto, segnando la svolta verso un modello stabile
Lo scenario attuale in Italia
Nel 2024 in Italia i lavoratori in smart working hanno raggiunto quota 3,575 milioni, con un incremento rispetto all’anno precedente. Si tratta di un dato che segna la trasformazione del lavoro agile in una componente strutturale del mercato del lavoro.
Il fenomeno è trainato soprattutto dalle grandi imprese, che stanno riportando lo smart working a livelli vicini a quelli raggiunti durante la pandemia. Non solo: rispetto agli anni immediatamente successivi al Covid, aumenta il numero medio di giornate settimanali in cui i dipendenti possono lavorare da remoto.
Perché le imprese puntano sul lavoro agile
Le motivazioni di questo ritorno “massivo” allo smart working sono molteplici:
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Attrattività e retention: la possibilità di lavorare più giorni da casa è diventata una leva per trattenere i talenti e attrarne di nuovi.
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Efficienza organizzativa: meno spazi da gestire e minori costi fissi, senza un calo significativo della produttività.
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Conciliazione vita-lavoro: un fattore sempre più decisivo per i dipendenti, che chiedono flessibilità e un equilibrio sostenibile.
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Digitalizzazione: infrastrutture tecnologiche e formazione digitale permettono oggi di gestire meglio il lavoro distribuito.
L’aumento delle giornate da remoto
Se negli anni immediatamente successivi alla pandemia molte aziende avevano limitato lo smart working a uno o due giorni la settimana, nel 2024 si osserva una estensione a 2-3 giornate medie settimanali, con punte maggiori in alcuni settori.
Questa evoluzione dimostra che il lavoro agile non è più una concessione episodica, ma parte integrante dell’organizzazione del lavoro. Le imprese stanno calibrando i rientri in ufficio in base alle esigenze reali di collaborazione, innovazione e coesione dei team.
Le sfide di un modello più ampio
L’estensione delle giornate da remoto porta con sé nuove sfide:
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Cultura aziendale: serve un management capace di guidare team distribuiti, mantenendo coesione e senso di appartenenza.
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Equità interna: garantire pari opportunità di carriera e visibilità sia a chi lavora più da remoto sia a chi resta maggiormente in sede.
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Benessere e confini vita-lavoro: più giorni a casa possono significare maggiore comfort, ma anche il rischio di isolamento o di iper-connessione.
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Infrastrutture tecnologiche: connessioni, sicurezza informatica e strumenti di collaborazione devono essere adeguati.
Impatti sul futuro del lavoro
Il consolidarsi dello smart working con più giornate settimanali fuori azienda ridisegna anche gli spazi fisici delle sedi: gli uffici diventano sempre più hub di incontro e innovazione, più che luoghi di presenza quotidiana.
Il futuro del lavoro sembra orientarsi verso un modello ibrido stabile, in cui il valore non è dato dalla presenza fisica, ma dal raggiungimento degli obiettivi e dalla qualità della collaborazione.
L’impatto sulla produttività e sull’organizzazione del lavoro
L’aumento delle giornate di smart working nelle grandi imprese ha un effetto diretto sulla produttività e sull’organizzazione aziendale. Molti studi confermano che la possibilità di lavorare da remoto porta i dipendenti a essere più concentrati su specifici compiti, riducendo tempi morti e spostamenti. Allo stesso tempo, le imprese devono ripensare i flussi di lavoro, garantendo che la collaborazione e l’innovazione non vengano penalizzate dall’assenza fisica. L’equilibrio tra efficienza individuale e coesione di gruppo diventa una delle principali sfide da affrontare.
Le conseguenze sociali e ambientali dello smart working
Lo smart working non modifica solo la vita delle aziende e dei lavoratori, ma ha un impatto più ampio sulla società. Con più giornate svolte fuori ufficio, diminuiscono gli spostamenti quotidiani, con effetti positivi su traffico e inquinamento urbano. Al tempo stesso, la diffusione del lavoro agile favorisce nuove forme di socialità di quartiere e rilancia la necessità di servizi locali più vicini ai cittadini. Si tratta quindi di un cambiamento che, oltre a ridefinire il mondo del lavoro, può contribuire a obiettivi di sostenibilità e di coesione sociale.
Non solo grandi imprese
Sebbene le grandi aziende guidino questa trasformazione, il fenomeno si estende anche ad altri settori. Molte medie imprese stanno sperimentando formule ibride, mentre nella pubblica amministrazione lo smart working avanza più lentamente ma con una prospettiva crescente.
Il modello a più giornate fuori ufficio può diventare una leva anche per ridurre traffico e inquinamento, contribuendo a politiche di sostenibilità.
Lo smart working è diventato un elemento strutturale
Dopo il Covid, lo smart working in Italia non è più una parentesi emergenziale ma un elemento strutturale del lavoro moderno. L’aumento delle giornate concesse nelle grandi imprese rappresenta il segnale più evidente di questo cambiamento.
La sfida ora non è decidere se adottare o meno il lavoro agile, ma come gestirlo al meglio: bilanciare produttività e benessere, costruire una cultura aziendale inclusiva e garantire che la flessibilità diventi davvero un valore per tutti.