Il Pontefice ha ripreso le catechesi giubilari nell’udienza generale di mercoledì 21 maggio 2025, riflettendo sulla parabola evangelica del seminatore come immagine dell’amore di Dio e del modo in cui la sua parola opera nella vita e nella storia.
Nella sua prima udienza generale come Vescovo di Roma, Papa Leone XIV ha voluto proseguire il cammino di catechesi sul tema del Giubileo 2025, intitolato “Gesù Cristo nostra speranza”, avviato dal suo predecessore, il compianto Papa Francesco. Mercoledì 21 maggio 2025, in Piazza San Pietro, il nuovo Pontefice ha proposto una profonda meditazione sulla parabola del seminatore, tratta dal capitolo 13 del Vangelo di Matteo.
«Ogni parola del Vangelo è come un seme che viene gettato nel terreno della nostra vita», ha affermato il Papa, sottolineando che la parabola è un modo con cui Gesù ci interroga, ci provoca, ci invita ad andare oltre le apparenze. Il seminatore, ha spiegato, è figura dello stesso Dio, che non calcola dove gettare il seme, ma lo sparge con generosità, perfino nei luoghi dove sembra improbabile che dia frutto.
La logica di Dio non è quella dell’efficienza, ma dell’amore
«Noi siamo abituati a calcolare le cose – e a volte è necessario –, ma questo non vale nell’amore!», ha dichiarato Papa Leone XIV, descrivendo il seminatore come un “seminatore sprecone” che rappresenta il modo in cui Dio ci ama: senza condizioni, senza attendere che il terreno – il nostro cuore – sia già perfetto.
Secondo il Papa, il messaggio centrale della parabola è che Dio confida in noi anche quando ci sentiamo distratti, superficiali, oppressi dalle preoccupazioni o distanti. Il seme è gettato comunque, perché Dio non rinuncia mai all’uomo: «Forse proprio vedendo che Lui si fida di noi, nascerà in noi il desiderio di essere un terreno migliore. Questa è la speranza, fondata sulla roccia della generosità e della misericordia di Dio.»
Gesù è il seme che muore per dare frutto
Il Pontefice ha poi ampliato il significato della parabola identificando Gesù stesso come il seme: «Gesù è la Parola, è il Seme. E il seme, per portare frutto, deve morire.» In queste parole si riflette il mistero della Croce come atto supremo di amore che trasforma la nostra vita. In questo senso, la speranza cristiana non nasce da risultati immediati, ma dalla fiducia nel tempo e nell’opera silenziosa e paziente di Dio.
A rafforzare questa visione, Papa Leone XIV ha evocato un’opera di Vincent van Gogh, Il seminatore al tramonto, come simbolo visivo della fatica del seminatore e della certezza che il grano, prima o poi, matura. Il sole al centro del quadro diventa per il Papa l’immagine di Dio che «muove la storia, anche se talvolta ci sembra assente o distante.»
Una catechesi sulla comunicazione del Vangelo oggi
Con il suo stile diretto e riflessivo, il Papa ha anche offerto una lezione implicita sull’evangelizzazione: «Ogni parabola racconta una storia che è presa dalla vita di tutti i giorni, eppure vuole dirci qualcosa in più… posso chiedermi: dove sono io in questa storia?». Il messaggio è chiaro: l’annuncio del Vangelo non è solo trasmissione di contenuti, ma invito a una relazione trasformante.
L’appello finale : lasciarsi lavorare da Dio
Nel concludere la sua catechesi, Papa Leone XIV ha rivolto un invito alla preghiera e alla fiducia: «Chiediamo al Signore la grazia di accogliere sempre questo seme che è la sua parola. E se ci accorgessimo di non essere un terreno fecondo, non scoraggiamoci, ma chiediamo a Lui di lavorarci ancora per farci diventare un terreno migliore.»
Con questa riflessione, Papa Leone XIV ha voluto lanciare un messaggio di fiducia, misericordia e speranza, proprio nel cuore dell’Anno Giubilare. La sua prima udienza generale segna l’inizio di un nuovo cammino per la Chiesa, fondato sulla forza trasformante della Parola di Dio e sull’amore che “non attende che diventiamo il terreno migliore”, ma ci accompagna e ci trasforma giorno dopo giorno.