Un nuovo studio rivela come l’emissione di luce ultra debole nei topi decresca fino a scomparire con la morte, aprendo interrogativi sul legame tra vita e luce.
Un recente studio condotto dall’Università di Calgary, in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche del Canada, ha portato alla luce un fenomeno tanto affascinante quanto misterioso: l’emissione di luce ultra debole – UPE negli esseri viventi si spegne al momento della morte.
Questa scoperta, osservata nei topi, getta una nuova luce – in senso letterale e figurato – sul mistero della vita e sul processo del morire. Può davvero la luce essere un segno distintivo della vita stessa?
Cos’è la luce ultra debole ?
L’emissione fotonica ultra-debole (UPE) è una forma di bioluminescenza naturale, prodotta da tutti gli organismi viventi. A differenza della bioluminescenza visibile nelle meduse o nei pesci abissali, le UPE sono impercettibili all’occhio umano poiché avvengono in un range di intensità estremamente basso.
Queste emissioni avvengono nello spettro della luce visibile e ultravioletta (tra 200 e 1000 nanometri) e sono il risultato di reazioni chimiche intracellulari, specialmente quelle che coinvolgono le specie reattive dell’ossigeno (ROS).
L’esperimento sui topi
Nel loro studio, i ricercatori hanno osservato quattro topi in una camera completamente buia, utilizzando telecamere CCD ad altissima sensibilità per catturare le emissioni luminose.
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Fase 1: I topi sono stati monitorati per un’ora durante lo stato di vita. L’emissione di luce era costante e riconducibile ai processi metabolici.
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Fase 2: Dopo l’eutanasia, gli stessi topi sono stati osservati per un’altra ora. Durante questa fase, le UPE sono diminuite drasticamente fino a scomparire del tutto.
Questo calo netto di emissioni fotoniche, secondo i ricercatori, sarebbe correlato alla cessazione delle attività metaboliche e alla fine delle reazioni cellulari che generano luce.
La luce come simbolo di vita e morte
Il legame tra luce e vita non è solo una suggestione poetica ma ha radici profonde anche nelle tradizioni religiose e spirituali. Nella Bibbia, ad esempio, la luce è spesso associata alla presenza divina, alla vita e alla verità.
Nel Vangelo di Giovanni, Gesù viene definito la “luce del mondo” (Gv 8,12), un’immagine che rimanda alla vita eterna. La scienza, con queste recenti scoperte, sembra rievocare un concetto antico: ogni essere vivente emette una luce invisibile, che si spegne quando la vita giunge al termine.
UPE nelle piante : un segno di stress e morte
Il gruppo di ricerca ha replicato l’esperimento su piante come Arabidopsis thaliana e Heptapleurum arboricola. In questo caso, le foglie sottoposte a stress chimico o fisico hanno mostrato un aumento delle UPE rispetto a quelle intatte.
Questa osservazione suggerisce che l’emissione di luce potrebbe fungere da biomarcatore di stress cellulare, rendendola un potenziale strumento diagnostico anche per le piante.
Implicazioni future e prospettive
La scoperta dell’Università di Calgary apre la strada a nuovi campi di indagine. Monitorare le UPE potrebbe consentire di rilevare in modo non invasivo lo stato di salute di tessuti umani, vegetali e animali, permettendo di individuare segnali di stress, malattie o morte cellulare.
Dal punto di vista teologico, la domanda rimane aperta: esiste una connessione tra questa luce invisibile e il concetto di anima? La scienza e la fede, ancora una volta, si trovano a dialogare intorno a un fenomeno che sembra sfuggire alla sola dimensione materiale della vita.