Giornale Online Direttore Paolo Centofanti

Lavoro

Orlando: Primo Maggio simbolo dell’affermazione della dignità del lavoro

ministro-Orlando-Primo-Maggio

Il ministro Orlando: il Primo maggio è il simbolo dell’affermazione della dignità del lavoro, come base del progresso e del benessere delle persone.

“Rivolgo il mio saluto al Presidente Sergio Mattarella, al Presidente dell’Associazione Nazionale Lavoratori Anziani, Edoardo Patriarca, al Presidente della Federazione Nazionale dei Maestri del Lavoro Elio Giovati, al Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Maurizio Sella, al Presidente dell’Inail, Franco Bettoni“. Lo ha detto il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Andrea Orlando nel suo intervento di domenica primo maggio 2022, al Palazzo del Quirinale, in occasione della celebrazione della Festa del Lavoro.

Orlando-Mattarella-Primo-Maggio“Dopo due anni di pandemia torniamo a festeggiare il primo maggio, la festa dei lavoratori, in una condizione di quasi normalità – ha proseguito Orlando -, anche se non dobbiamo abbassare la guardia e in uno scenario geopolitico preoccupante con una guerra nel cuore dell’Europa, che scuote, nel profondo, le nostre coscienze. Il primo maggio è il simbolo, con valore mondiale, di una storia che ha visto l’affermazione della dignità del lavoro, come base del progresso e del benessere delle persone. Quella dignità richiamata proprio dal Presidente Mattarella nel discorso di insediamento”.

Rivolgo il mio saluto al Presidente Sergio Mattarella, al Presidente dell’Associazione Nazionale Lavoratori Anziani, Edoardo Patriarca, al Presidente della Federazione Nazionale dei Maestri del Lavoro Elio Giovati, al Presidente della Federazione Nazionale dei Cavalieri del Lavoro, Maurizio Sella, al Presidente dell’Inail, Franco Bettoni.

Dopo due anni di pandemia torniamo a festeggiare il primo maggio, la festa dei lavoratori, in una condizione di quasi normalità (anche se non dobbiamo abbassare la guardia) e in uno scenario geopolitico preoccupante con una guerra nel cuore dell’Europa, che scuote, nel profondo, le nostre coscienze.

Il primo maggio è il simbolo, con valore mondiale, di una storia che ha visto l’affermazione della dignità del lavoro, come base del progresso e del benessere delle persone. Quella dignità richiamata proprio dal Presidente Mattarella nel discorso di insediamento.

Nell’Ottocento, quando questa storia comincia, gli orari e le condizioni di lavoro erano letteralmente massacranti. Progressivamente, e a partire dai paesi più avanzati, si è ridotta la giornata lavorativa, si è proibito il lavoro dei bambini e lo sfruttamento dei minori, sono stati alzati i salari, oltre la soglia della mera sussistenza, si sono introdotte le prime ferie e forme di protezione sociale. Non fu un processo scontato, né indolore. Fu il risultato di lotte, spesso molto dure. E non è nemmeno un processo concluso: il caporalato, un tema di cui mi sono molto occupato in questi anni, è una forma marginalizzata ma ancora esistente. E negli ultimi anni è tornato a crescere in Italia il numero di lavoratori poveri.

La Repubblica italiana che, sin dall’Articolo 1 della nostra Costituzione, si dichiara «democratica» e «fondata sul lavoro» vede in questa data, che non a caso il fascismo aveva abolito, una delle ricorrenze civili più radicate ed unitarie della nostra comunità nazionale. Infatti tutta la nostra Carta è punteggiata di richiami al lavoro, alla sua dignità, sicurezza, stabilità, alla giusta retribuzione, alla parità di retribuzione fra uomini e donne. Ed è, forse, proprio il divario fra le previsioni costituzionali e il progressivo depauperamento del valore del lavoro, ad avere creato profonde e pericolose ferite sociali che incidono, anche, sul tessuto della vita civile, sulla qualità della nostra democrazia. Negli ultimi 30 anni abbiamo assistito ad una svalutazione del lavoro. Che arriva ad un indegno svilimento quando una lavoratrice di una grande multinazionale non può andare in bagno o si viene licenziati via whatsapp. Dobbiamo invertire questa rotta e rimettere al centro la dignità del lavoro. Perché la promessa rivolta

alle nuove generazioni è stata quella che il lavoro precario sarebbe stato solo l’anticamera di un lavoro stabile. Invece per molti solo la precarietà è stata stabile. Per questo bisogna essere in grado di costruire regole nuove sapendo che la precarietà è ancora più drammatica quando si accompagna a retribuzioni basse. Per questo è importante lavorare ad adeguare i salari e aprire un confronto su nuove norme che contrastino il precariato e che investano sulla formazione. Accompagnando lavoratrici e lavoratori nella transizione tecnologica ed ecologica dell’economia; non lasciando nessuno indietro.

La sicurezza rimane una priorità ineludibile, anche alla luce del quotidiano drammatico bollettino di vittime, per le quali in questa solenne circostanza ribadisco, estendendolo alle rispettive famiglie, il mio più sincero e profondo cordoglio. Anche il linguaggio deve cambiare: non sono “morti bianche”, definizione troppo assolutoria e consolatoria. La sicurezza sul lavoro è una priorità del governo. Nell’ultimo anno abbiamo rafforzato l’impianto normativo e legislativo, supportato e valorizzato il ruolo dell’Inail quale player istituzionale pubblico della sicurezza, nonché potenziato il personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, per incrementare il numero delle ispezioni. Proprio per quanto riguarda l’INL dal 1 aprile scorso abbiamo avuto 300 nuove assunzioni. A queste seguiranno, nelle prossime settimane, le assunzioni di 900 ispettori ordinari, di altri 131 funzionari ed attendiamo a breve la fissazione della data di concorso per altri 1.249 dipendenti. Un incremento del 65 %, che non si era mai realizzato prima.

Non a caso il primo trimestre 2022 ha evidenziato un più 50% rispetto all’analogo periodo 2021 delle violazioni accertate in materia di sicurezza e salute. E, sempre nello stesso periodo, sono stati adottati 1605 provvedimenti di sospensione delle attività per accertate violazioni con un più 138% rispetto all’anno precedente. Ma non c’è solo l’aspetto repressivo. Serve anche un grande patto sociale, culturale ed economico per contrastare il fenomeno degli infortuni e incidenti sul luogo del lavoro.

Un capitolo importante per sconfiggere l’insicurezza è rappresentato anche dalla lotta al sommerso. Nel PNRR è stata espressamente prevista la realizzazione di un piano nazionale di contrasto ad esso che prevede la piena sinergia di istituzioni e parti sociali. Proprio nei giorni scorsi è stato varato il Portale unico sul lavoro sommerso che convoglia in una unica banca dati i risultati delle attività di vigilanza esercitate dai diversi organi preposti e che consentirà anche di elaborare misure per la trasformazione del lavoro sommerso in lavoro regolare. Voglio anche ricordare come sia stato elaborato uno strumento importante per il settore edile, il cosiddetto Durc di congruità: un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili, sia pubblici che privati.

L’obiettivo è quello di realizzare un’azione di contrasto dei fenomeni di dumping contrattuale e promuovere l’emersione del lavoro irregolare, una misura di legalità che mira ad assicurare un’effettiva tutela dei lavoratori sia sotto il profilo retributivo che della sicurezza, soprattutto in questa fase in cui il settore è interessato da massicci investimenti legati anche al PNRR.

Abbiamo anche previsto che per poter accedere ai bonus fiscali come il 110% per le ristrutturazioni edilizie, debbano essere applicati i contratti collettivi di lavoro maggiormente rappresentativi del settore edile. E nella stessa direzione va anche la norma di riforma del subappalto, che prevede che il subappaltatore, per le prestazioni affidategli, deve garantire gli stessi standard qualitativi previsti nel contratto di appalto e riconoscere ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a

quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa, appunto, l’applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali di lavoro.

Sono segnali chiari che hanno contribuito anche al raggiungimento dell’intesa fra le parti per il rinnovo del contratto di settore, che ha visto un punto di caduta fatto di misure significative su formazione professionale, qualificazione dei lavoratori, salute e sicurezza, innovazione e sostenibilità. Un modello che auspico si possa estendere anche ad altri importanti settori dell’economia. Ma, come dicevo, l’insicurezza sul lavoro è anche la conseguenza della svalutazione del lavoro e della sua frammentazione.

Nel nostro Paese abbiamo quasi 4 milioni e mezzo di piccole e micro imprese con oltre 6 milioni di posizioni lavorative, di cui quasi un quarto a tempo determinato; a fronte di 24 mila “medie imprese” e 4 mila “grandi” con 6 milioni di posizioni lavorative complessive di cui oltre l’85% a tempo indeterminato.

I lavoratori immigrati in Italia sono oltre 2 milioni e 300 mila: vengono prevalentemente impiegati in lavori stagionali, nel lavoro domestico, in agricoltura e in quota crescente nella logistica, e la loro retribuzione media è inferiore di oltre il 30% a quella media di un lavoratore italiano. E per aumentare la sicurezza sociale, proprio in un quadro così articolato del mondo del lavoro e, soprattutto, per meglio accompagnare i processi di transizione in atto nella nostra economia, in questi mesi abbiamo rafforzato le politiche di sostegno ai lavoratori disoccupati o a rischio di disoccupazione, con una riforma degli ammortizzatori sociali strutturalmente collegata con le politiche attive.

In questa fase abbiamo bisogno che riparta il dialogo sociale per individuare soluzioni in grado di garantire che la mole degli investimenti, provenienti anche dalle risorse comunitarie, abbia ricadute positive sui salari. Un dialogo in cui ci si viene incontro e dove il metodo aiuta poi il merito come, ad esempio, è accaduto per l’accordo quadro raggiunto sullo smartworking. Fra le iniziative che credo debbano essere messe in campo, ce n’è una in particolare che investe direttamente questi temi e chiama esplicitamente le parti sociali a collaborare. È quella per una forma di democrazia economica. La cogestione può diventare una parte qualificante del nostro modello di impresa, come avviene in Germania, e come prevede ora anche una direttiva del Parlamento Europeo in discussione. La cogestione e la democrazia economica, oltre a essere giuste, possono anche essere molto utili per la nostra economia. E’ un percorso non semplice ma va affrontato come diceva Luciano Lama “Non smettendo mai di cercare le soluzioni attraverso le intese”.

Nella dignità del lavoro si trovano le radici e la forza del progresso. Noi invece dobbiamo ripartire dal lavoro buono che è anche garanzia e stimolo per l’innovazione e per il benessere diffuso. Il lavoro, la sua dignità, è il legame che tiene tutto questo insieme.

Buon primo maggio a tutte e a tutti.

Comments

comments