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Medicina e Salute

Alzheimer in uomini e donne : studio smentisce il mito del cervello femminile più vulnerabile

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Gli scienziati evidenziano come il cervello femminile non sia più vulnerabile di quello maschile, spostando l’attenzione su altri fattori di rischio Alzheimer

Lo studio ha coinvolto un vasto campione internazionale di adulti cognitivamente sani. L’obiettivo era analizzare se esistono differenze significative tra uomini e donne nell’evoluzione strutturale e funzionale del cervello durante l’invecchiamento, e se tali differenze possano spiegare perché le donne presentino una prevalenza più elevata della malattia di Alzheimer.

I risultati indicano che, pur essendoci leggere differenze nello spessore corticale, nel volume cerebrale e in alcuni biomarcatori legati all’età, queste differenze non sono di entità sufficiente a spiegare da sole il maggior numero di donne affette da Alzheimer. In altre parole, l’invecchiamento cerebrale “normale” appare sostanzialmente simmetrico nei due sessi, per quanto riguarda i principali cambiamenti misurabili.

Perché è importante

Questa conclusione rovescia una delle ipotesi prevalenti: ovvero che le donne, in quanto gruppo, presentino un invecchiamento cerebrale più rapido o più marcato, e che questa dinamica contribuisca direttamente al maggior rischio di Alzheimer. Lo studio mostra che non è così: l’elevata prevalenza nelle donne richiede quindi spiegazioni diverse.

Da un punto di vista pratico:

  • La prevenzione della demenza non può basarsi esclusivamente sull’analisi delle differenze di genere nell’invecchiamento cerebrale fisiologico.

  • Occorre esplorare altri fattori — biologici, ormonali, genetici, ambientali, socioeconomici — che potrebbero contribuire alla vulnerabilità delle donne.

  • Le politiche di salute pubblica e la ricerca devono tener conto di questi risultati per orientare meglio i programmi di screening, diagnosi precoce e intervento.

Quali fattori restano da indagare ?

Dal punto di vista scientifico, le donne potrebbero presentare un rischio maggiore di Alzheimer per vari motivi non legati esclusivamente all’invecchiamento cerebrale “normale”. Alcuni spunti:

  • Fattori ormonali: ad esempio la menopausa e la riduzione degli ormoni estrogeni, che influenzano la funzione cerebrale e il metabolismo neuronale.

  • Fattori genetici: alcuni alleli del gene APOE e altri fattori genetici possono avere effetti differenti nei due sessi.

  • Condizioni vascolari e metaboliche: pressione arteriosa, diabete, obesità, che possono incidere diversamente su donne e uomini.

  • Fattori sociali e di stile di vita: educazione, occupazione, esposizioni ambientali, accesso alle cure possono influenzare il decorso cognitivo.

  • Longevità: le donne vivono mediamente più a lungo degli uomini; una maggiore durata della vita comporta un aumento del rischio cumulativo di malattie neurodegenerative.

Implicazioni per la ricerca neuroscientifica

Questo studio spinge la comunità scientifica a cambiare prospettiva: anziché concentrarsi solo sulle differenze “maschio vs femmina” nell’invecchiamento cerebrale, serve una visione integrata che consideri l’interazione tra sesso biologico, genere, ambiente e stile di vita.

Inoltre, i risultati suggeriscono che gli studi clinici e gli interventi devono includere donne e uomini in modo equilibrato, e che i modelli predittivi di demenza devono incorporare una gamma più ampia di variabili, oltre al semplice sesso.

Perché questo studio interessa anche la società e la salute pubblica

  • Le politiche sanitarie dovranno tenere conto che la prevalenza più elevata di Alzheimer nelle donne non dipende solo dal loro cervello che invecchia più rapidamente.

  • Gli screening cognitivi e i piani di prevenzione potrebbero beneficiare da una personalizzazione maggiore, tenendo conto del sesso ma anche degli altri fattori di rischio.

  • Dal punto di vista della comunicazione pubblica, è importante evitare messaggi semplicistici che attribuiscano automaticamente alle donne un “cervello che invecchia male” — ciò potrebbe generare stigma o fatalismo.

Limiti dello studio e prossimi passi

Ogni studio ha i suoi limiti. In questo caso:

  • I partecipanti erano tutti cognitivamente sani al momento dell’inizio dello studio: ciò significa che non si indagavano persone già affette da malattia.

  • Le misure di invecchiamento cerebrale si basano su biomarcatori e imaging; non tutti i processi patologici sono visibili con le tecniche attuali.

  • Serve un follow-up a lungo termine per vedere se effettivamente questi cambiamenti “silenti” predicono l’insorgenza della malattia.

I prossimi studi dovranno quindi includere coorti più ampie, seguire i partecipanti per più anni, e integrare variabili come ormoni, genetica, ambiente e stile di vita.

Lo studio pubblicato su PNAS sulla base del DOI 10.1073/pnas.2510486122 fornisce un contributo importante al dibattito sulle differenze di genere nell’invecchiamento cerebrale e nella demenza. Il messaggio centrale è che le differenze negli andamenti cerebrali tra uomini e donne sani non spiegano da sole la maggiore prevalenza dell’Alzheimer nelle donne. Ciò significa che la ricerca, la prevenzione e le politiche sanitarie devono ampliare lo sguardo e includere una molteplicità di fattori.

In definitiva, comprendere il futuro della salute cerebrale passa per un approccio più ricco, multidisciplinare e sensibilizzato alle dimensioni di genere.

Fonte PNAS – Proceedings of the National Academy of Sciences : Sex differences in healthy brain aging are unlikely to explain higher Alzheimer’s disease prevalence in women.

Immagine: elaborazione artistica con Intelligenza Artificiale.

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