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Medicina e Salute

Cervello, psicopatie e neuroscienze : gli individui psicopatici hanno strutture cerebrali differenti

individui psicopatici hanno strutture cerebrali differenti

Un recente studio pubblicato su European Archives of Psychiatry and Clinical Neuroscience, mostra che il cervello delle persone con tratti psicopatici mostra cambiamenti strutturali evidenti, che coinvolgono aree cruciali per la regolazione emotiva e il controllo degli impulsi.

Lo studio, rilanciato anche da New Atlas e altri media scientifici, ha esaminato 39 uomini classificati come psicopatici sulla base della Psychopathy Checklist–Revised (PCL‑R), con punteggi uguali o superiori a 20. Il team di ricerca — guidato da Christian Pieperhoff, dell’Istituto di Neuropsichiatria Forense di Düsseldorf, insieme a colleghi statunitensi — ha confrontato questi soggetti con un gruppo di controllo sano utilizzando tecniche avanzate di risonanza magnetica (MRI).

Cosa è emerso dallo studio

I ricercatori hanno rilevato che il volume cerebrale complessivo nei partecipanti psicopatici risultava mediamente ridotto dell’1,45% rispetto ai controlli. La differenza interessava in modo particolare la corteccia cerebrale e gli emisferi cerebrali, zone coinvolte nell’elaborazione di emozioni complesse, nell’empatia e nella capacità di pianificare comportamenti a lungo termine.

Un risultato particolarmente significativo riguarda il fattore 2 della scala PCL‑R, ovvero la componente legata ai comportamenti antisociali. In questi soggetti si osservavano riduzioni volumetriche più marcate in strutture profonde come il talamo, i gangli della base, il ponte e la corteccia insulare. Si tratta di aree cerebrali note per regolare la rabbia, inibire risposte aggressive e favorire la gestione dell’impulsività.

Per quanto riguarda invece il fattore 1, più associato a distacco emotivo, freddezza e mancanza di empatia, le correlazioni con il volume cerebrale apparivano meno marcate e statisticamente meno solide, anche se alcuni segnali di riduzione in regioni orbitofrontali e ippocampali sono stati comunque notati.

Perché queste differenze contano?

Gli studiosi ritengono che queste alterazioni strutturali contribuiscano a spiegare la difficoltà di chi ha tratti psicopatici nel controllare i propri impulsi e nel riconoscere la sofferenza altrui. Queste differenze anatomiche possono influire sulla capacità di provare rimorso, sulla valutazione delle conseguenze delle proprie azioni e sulla regolazione dei comportamenti aggressivi o antisociali.

Questi dati, pur con tutte le cautele dovute alla dimensione del campione, rafforzano l’ipotesi che la psicopatia non sia solamente un fenomeno comportamentale o ambientale, ma abbia basi neurobiologiche concrete. In altre parole, il cervello di uno psicopatico “funziona” e si organizza in modo misurabilmente diverso da quello di una persona non psicopatica.

Prospettive di ricerca e limiti

Lo stesso team di ricerca sottolinea che occorreranno studi più ampi, con un campione più numeroso e includendo anche donne, per verificare se queste differenze siano universali o se esistano variazioni di genere. Inoltre sarà importante valutare altri fattori, come l’uso di farmaci, la storia di traumi o eventuali predisposizioni genetiche, per comprendere meglio il complesso intreccio tra ambiente ed ereditarietà.

Questi risultati potrebbero avere importanti ricadute cliniche e forensi: conoscere le basi cerebrali della psicopatia aiuta a comprendere le difficoltà di trattamento, a prevedere la recidiva di comportamenti violenti e a migliorare i programmi di cura dei soggetti ad alto rischio.

Conclusioni

La ricerca neuroscientifica conferma così che la psicopatia non può essere ridotta a un semplice problema morale o di educazione: esistono correlati anatomici e funzionali misurabili che spiegano in parte le difficoltà relazionali e la pericolosità sociale di alcuni individui con tratti psicopatici. Il passo successivo sarà comprendere come questi cambiamenti possano essere eventualmente modificati o compensati attraverso interventi mirati, integrando psicoterapia, farmacologia e percorsi di rieducazione sociale.

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