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Arte e cultura

Prampolini e Burri : la materia come linguaggio dell’arte del Novecento

LAC Masi Lugano Arte Cultura

Al MASI di Lugano la mostra Prampolini Burri. Della Materia celebra due giganti dell’arte italiana attraverso un dialogo polimaterico tra sperimentazione e inquietudine storica

Prampolini e Burri, pionieri della materia in pittura.

Il MASI Lugano – Collezione Giancarlo e Danna Olgiati – ospita la mostra Prampolini Burri. Della Materia, un progetto espositivo che attraversa l’intero Novecento italiano attraverso lo sguardo di due artisti visionari: Enrico Prampolini (Modena, 1894 – Roma, 1956) e Alberto Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995). Entrambi operanti a Roma in momenti diversi, questi maestri hanno rivoluzionato l’idea di pittura, utilizzando materiali non convenzionali e facendo della materia stessa il soggetto dell’opera.

A cura di Gabriella Belli e Bruno Corà, e realizzata in collaborazione con la Fondazione Burri di Città di Castello, la mostra propone circa 50 opere provenienti da importanti collezioni pubbliche e private. Il percorso intende indagare l’evoluzione del linguaggio materico, dalle prime esplorazioni futuriste di Prampolini fino alle tele bruciate e ai sacchi di Burri, in un dialogo che pone al centro il corpo fisico dell’opera come luogo espressivo, politico ed esistenziale.

Enrico Prampolini: la visione cosmica del futurismo e oltre

Enrico Prampolini 1927 foto di Nakayama Iwata

Enrico Prampolini 1927 foto di Nakayama Iwata

Enrico Prampolini fu tra i protagonisti del secondo futurismo italiano, ma la sua opera si estese ben oltre i confini del movimento. Artista eclettico, scenografo, teorico e promotore culturale, Prampolini sperimentò la pittura polimaterica sin dagli anni Venti, introducendo sabbie, sugheri, metalli e tessuti nelle sue composizioni. Le sue opere, a tratti astratte e a tratti simboliche, si ispirano alla scienza, alla tecnica, al cosmo e al dinamismo della modernità.

Negli anni Trenta e Quaranta, Prampolini approda a una pittura “cosmica”, dove le forme biomorfe e la materia si fondono per evocare un’energia primordiale e universale. L’approccio materico diventa una forma di “sintesi organica” tra arte e natura, tra visione e sostanza, con opere che anticipano molte delle ricerche informali e concettuali del secondo dopoguerra.

Alberto Burri: la ferita e la sublimazione della materia

Alberto Burri, foto di Nanda Lanfranco

Licenza CC BY-SA 4.0.

Alberto Burri, medico di formazione e artista autodidatta, inizia a dipingere durante la prigionia in Texas nella Seconda Guerra Mondiale. Negli anni Cinquanta, rompe radicalmente con le tradizioni pittoriche, scegliendo materiali poveri e vissuti – sacchi di juta, catrami, legni combusti, ferri, plastiche – per costruire un linguaggio che fosse autentica espressione della condizione umana.

Le sue opere non rappresentano, ma sono: la materia non è più supporto, ma soggetto e significato. Le combustioni, i tagli, le bruciature diventano segni di una lacerazione esistenziale, eco della devastazione della guerra e metafora di una sofferenza universale. Burri eleva la materia quotidiana a strumento poetico, con una radicalità che influenzerà profondamente l’arte contemporanea internazionale.

Una mostra che riflette il Novecento con la pelle dell’opera

Prampolini Burri. Della Materia non è soltanto un confronto tra due maestri, ma un racconto coerente del secolo scorso attraverso il corpo fisico dell’opera d’arte. Il Novecento, attraversato da guerre, rivoluzioni estetiche e mutamenti sociali, trova nella materia un linguaggio espressivo capace di dare forma al non detto: inquietudini, rotture, sogni di rigenerazione.

Attraverso le opere selezionate – tra cui si annoverano capolavori come le Composizioni polimateriche di Prampolini e i celebri Sacchi e Plastiche di Burri – il visitatore è invitato a un viaggio che è anche un’immersione sensoriale, tattile e simbolica. La materia parla, ferisce, cura, sussurra, urla.

Un dialogo tra arte, storia e spiritualità materica

Questa mostra al MASI di Lugano, aperta grazie alla generosità della Collezione Giancarlo e Danna Olgiati e alla collaborazione con la Fondazione Burri, propone una riflessione che va oltre l’estetica. La materia è qui carica di una forza spirituale, di una tensione che unisce sperimentazione e memoria storica, in un tempo in cui l’arte diventa veicolo di coscienza collettiva e individuale.

In un’epoca dominata dall’immaterialità del digitale, questa immersione nella fisicità dell’opera ci riporta a un contatto profondo con la realtà, con la sua bellezza e le sue ferite.

Immagine nel titolo: LAC Masi Lugano Arte Cultura, cortesia Paolo Centofanti, direttore Fede e Ragione.

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