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Papa Francesco: capire sé stessi per non farsi manipolare

Papa-Francesco-Piazza-San-Pietro

Conoscere sé stessi è necessario per essere liberi e non farsi manipolare.

Così il Pontefice nella nuova catechesi sul discernimento, durante l’udienza generale di Mercoledì, 5 ottobre 2022 in Piazza San Pietro. Nell’udienza il Papa ha anche ricordato di “pregare per la martoriata Ucraina”, chiedendo a Dio “il dono della pace”.

Nella precedente catechesi Papa Francesco aveva parlato della necessità di pregare in modo autentico, senza ipocrisie e non recitando formule a pappagallo, ma con parole che nascono dalla fede e dalla confidenza con Dio. Vedi Papa Francesco: pregare non vuol dire recitare le preghiere come un pappagallo.

La catechesi di questa settimana, spiega, è “quasi complementare” a quella della scorsa settimana, perché spiega “che un buon discernimento richiede anche la conoscenza di sé stessi”. Un obiettivo non semplice, perché il discernimento “coinvolge le nostre facoltà umane: la memoria, l’intelletto, la volontà, gli affetti”.

E se non ci conosciamo a sufficienza, “non sappiamo che cosa veramente vogliamo” e non sappiamo quindi discernere in modo autentico. Una situazione in cui capita a molto di trovarsi, così come spesso accade di sentir parlare di persone che non sanno realmente ciò che vogliono dalle proprie vite sociali e spirituali.

 

Il tweet di Mercoledì 5 ottobre 2022
Tema ripreso in un altro tweet ieri, Giovedì 6 ottobre 2022

Una tale indecisione deriva per il Papa da “un dialogo insufficiente tra la vita religiosa e la nostra dimensione umana, cognitiva e affettiva”, e conduce spesso a “dubbi spirituali e crisi vocazionali”. Lo spiega Thomas Green nel suo saggio “Il grano e la zizzania”, citato dal Pontefice: «Sono giunto alla convinzione che l’ostacolo più grande al vero discernimento (e ad una vera crescita nella preghiera) non è la natura intangibile di Dio, ma il fatto che non conosciamo sufficientemente noi stessi, e non vogliamo nemmeno conoscerci per come siamo veramente. Quasi tutti noi ci nascondiamo dietro a una maschera, non solo di fronte agli altri, ma anche quando ci guardiamo allo specchio».

Come accade nella finzione di una preghiera ipocrita e recitata solo a memoria, pure in questo caso si indossa una maschera, di fronte agli altri e a sé stessi. Perché ci si dimentica “della presenza di Dio nella nostra vita”, e allo stesso tempo dimentichiamo noi stessi, ignorando la nostra vera personalità, e i “nostri desideri più profondi”.

Allo stesso tempo, “conoscere sé stessi non è difficile”: è però faticoso, e “implica un paziente lavoro di scavo interiore”. E la necessità di essere capac a fermarsi, a “disattivare il pilota automatico”. Recuperando così “consapevolezza sul nostro modo di fare, sui sentimenti” che proviamo, e “sui pensieri ricorrenti che ci condizionano”, spesso senza nemmeno capirlo.

E capendo la differenza “tra le emozioni e le facoltà spirituali”. Perché “Sento” non equivale a “sono convinto”, e “mi sento di” non è lo stesso di “voglio”. In questo modo possiamo pure capire “che lo sguardo che abbiamo su noi stessi e sulla realtà è talvolta un po’ distorto”. E riuscire a capirlo “è una grazia”. Tralasciando le “convinzioni errate sulla realtà, basate sulle esperienze del passato”, che “ci influenzano fortemente”, e limitano “la nostra libertà” di vivere “per ciò che davvero conta nella nostra vita”.

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