Nel trentesimo anniversario della sua scomparsa, il trombettista Don Cherry viene ricordato come pioniere del free jazz e della world music, capace di unire culture e linguaggi sonori
Nel 2025 ricorre l’anniversario della morte di Don Cherry, avvenuta il 19 ottobre del 1995. A 30 anni di distanza l’artista statunitense, resta una delle figure più influenti e visionarie della storia del jazz. Nato il 18 novembre 1936 a Oklahoma City e cresciuto a Los Angeles, Don Cherry ha rivoluzionato il linguaggio del jazz a partire dalla collaborazione con Ornette Coleman, per poi aprirsi alle musiche del mondo, diventando pioniere della fusione tra jazz e tradizioni globali.
I primi anni e la svolta nel free jazz
Cherry inizia come trombettista negli anni ’50, ma è a partire dal 1958 che la sua carriera decolla quando entra nel quartetto di Ornette Coleman. Con album come The Shape of Jazz to Come (1959) e Free Jazz: A Collective Improvisation (1961), Cherry contribuisce a dare forma al movimento del free jazz: un linguaggio che rifiuta gli schemi armonici tradizionali in favore dell’improvvisazione libera, del dialogo tra strumenti e della rottura delle convenzioni.
Il suo stile alla tromba e al cornetto era immediatamente riconoscibile: non tanto per la tecnica virtuosa quanto per la capacità di cantare con lo strumento, di espandere melodie e suoni in modalità quasi vocali. Un critico osservò che “la tecnica non è sempre impeccabile, ma Cherry è maestro nello sfruttare gli strumenti come voce”.
Dal jazz radicale all’esplorazione globale
Negli anni ’70 Don Cherry compie un vero viaggio musicale e geografico. Lascia la pura scena del free jazz e inizia ad attingere da tradizioni africane, indiane, mediorientali, contribuendo non solo all’evoluzione del jazz ma anche all’emergere della world music. Nel 1966/67 pubblica Complete Communion che segna il suo esordio da leader.
Successivamente si trasferisce in Svezia, viaggia, acquista strumenti non occidentali, e registra con gruppi come Codona (insieme a Naná Vasconcelos e Collin Walcott) album che sono veri e propri ponti fra culture.
L’album Brown Rice (1975) ne è un perfetto esempio: jazz, funk, musica indiana, africana, elettronica si mescolano in composizioni che anticipano scenari musicali futuri.
Eredità e influenza
Don Cherry muore nel 1995 a Málaga, in Spagna, ma il suo lascito è vastissimo. Egli non solo ha innovato il jazz, ma ha incarnato una filosofia di musica aperta, “organica”, che abbraccia la diversità. Ha influenzato generazioni di musicisti, non solo jazzisti ma anche artisti di musica etnica, world music, improvvisazione libera. La sua attitudine di “suonare ovunque, con chiunque, con qualunque strumento” è diventata modello.
Perché la musica di Don Cherry ad oggi continua ad essere attuale
-
Libertà e sperimentazione: In un mondo musicale sempre più codificato, l’approccio di Cherry — privilegiare la voce, il dialogo, lo spazio — continua a stimolare nuove generazioni.
-
Globalizzazione musicale: La sua fusione precoce di jazz e tradizioni africane, indiane, mediorientali oggi appare lungimirante: ha precorso fenomeni come la world music, le collaborazioni interculturali, le contaminazioni.
-
Impegno umano e sociale: Cherry proveniva da origini afro-americane ma anche native Choctaw, e ha sempre dato valore alla musica come strumento di comunicazione oltre che di intrattenimento.
-
Album e momenti da riscoprire: Oltre ai capolavori free jazz, vale la pena ascoltare lavori meno noti come Home Boy (Sister Out) (1985) o Dona Nostra (1994) che testimoniano la sua maturazione creativa.
Cinque album fondamentali per iniziare
-
Complete Communion (1966) – il primo album da leader e un punto di svolta.
-
Symphony for Improvisers (1966) – esplorazione del linguaggio libero.
-
Brown Rice (1975) – l’incontro tra jazz e mondo.
-
El Corazón (1982) – con Ed Blackwell, un passo verso melodie più accessibili.
-
Dona Nostra (1994) – l’ultimo solo da leader, riflessivo e maturo.
In occasione dell’anniversario della morte di Don Cherry, vale la pena tornare a riflettere sul suo contributo: non solo come trombettista innovativo, ma come viaggiatore, esploratore sonoro, ponte tra culture. La musica di Cherry ci ricorda che il jazz non è solo uno stile musicale, ma un’alternativa: quella della comunicazione libera, del rispetto e del dialogo. Riscoprire Don Cherry significa aprirsi all’infinita possibilità del suono, all’idea che la musica può essere un linguaggio globale — e che il jazz può essere, più che un genere, un atteggiamento.