L’invecchiamento non è uguale per tutti, e nemmeno i meccanismi infiammatori che lo accompagnano. Un nuovo studio pubblicato su Nature Aging, spiega che popolazioni con stili di vita meno industrializzati potrebbero non sperimentare la cosiddetta inflammaging, l’infiammazione cronica di basso grado spesso associata all’età avanzata.
Il termine inflammaging è stato coniato per descrivere un fenomeno sempre più studiato negli ultimi decenni: l’infiammazione cronica di basso livello che, accumulandosi nel tempo, favorirebbe l’insorgenza di malattie legate all’età come ictus, patologie cardiovascolari, tumori e diabete. Mentre l’infiammazione acuta è una risposta protettiva dell’organismo (ad esempio contro un’infezione o una ferita), quella cronica e silenziosa è considerata un vero e proprio acceleratore dell’invecchiamento biologico.
Fino a oggi, gran parte della ricerca su questi processi si è concentrata su popolazioni industrializzate, lasciando in ombra il comportamento dei marcatori infiammatori in contesti culturali e ambientali diversi. Il nuovo studio, guidato da Maximilien Franck e colleghi, ha deciso di colmare questa lacuna, esaminando quattro coorti di popolazione: due industrializzate (in Italia e a Singapore) e due non industrializzate, rappresentate dal popolo Tsimane, nella foresta amazzonica boliviana, e dagli Orang Asli della Penisola Malese.
Cosa hanno scoperto i ricercatori
Il gruppo di ricerca ha analizzato 19 diversi tipi di citochine, piccole proteine coinvolte nella risposta infiammatoria, osservando come i loro livelli cambiassero con l’avanzare dell’età. Nei gruppi provenienti dall’Italia e da Singapore, la ricerca ha confermato un aumento sistematico dell’infiammazione con l’età, coerente con la teoria dell’inflammaging. In questi contesti, infatti, l’incremento dell’infiammazione era strettamente collegato a un maggior rischio di patologie croniche e degenerative, come l’ictus, le malattie cardiovascolari e alcune forme tumorali.
Invece, nelle popolazioni non industrializzate dei Tsimane e degli Orang Asli, non è stato riscontrato un aumento significativo dell’infiammazione con l’avanzare degli anni. Inoltre, proprio in queste comunità, l’incidenza di malattie croniche tipiche dell’invecchiamento risultava molto bassa e non associata a marker di infiammazione cronica.
Perché questi risultati sono importanti?
Queste evidenze suggeriscono che lo stile di vita, l’ambiente e i fattori culturali possono influire in modo determinante sul processo di invecchiamento e sul ruolo dell’infiammazione cronica. È possibile che abitudini alimentari tradizionali, maggiore attività fisica, minore esposizione a sostanze inquinanti e un più alto livello di socialità contribuiscano a ridurre lo stress infiammatorio cronico.
Inoltre, i ricercatori ipotizzano che le popolazioni non industrializzate possano avere sviluppato strategie immunitarie diverse, più orientate a risposte infiammatorie acute ed efficaci, con minori rischi di cronicizzazione dell’infiammazione stessa. In pratica, una maggiore esposizione a infezioni naturali durante la vita potrebbe allenare il sistema immunitario a rispondere in modo più equilibrato e a “spegnere” meglio l’infiammazione quando non è più necessaria.
Il risultato è che queste popolazioni sembrano invecchiare in modo biologicamente più sano, senza subire le conseguenze tipiche dell’inflammaging che invece caratterizzano le società industrializzate.
Nuove prospettive per la ricerca e la prevenzione
Questi dati sfidano il paradigma dominante secondo cui l’infiammazione cronica sia una componente inevitabile e universale dell’invecchiamento umano. Al contrario, dimostrano quanto sia cruciale considerare le variabili culturali, ambientali ed ecologiche nello studio dei processi legati all’età.
Per il futuro, gli autori propongono di estendere ulteriormente le ricerche ad altre comunità in differenti aree del mondo, per capire meglio quali condizioni ambientali e stili di vita favoriscano un invecchiamento più sano. Potrebbe essere utile analizzare con più precisione il ruolo di dieta, attività motoria, microbiota intestinale e persino fattori psicosociali come il senso di comunità o di appartenenza, nel modulare l’infiammazione cronica.
Se la ricerca confermasse che l’inflammaging non è un destino ineluttabile, ma un fenomeno in parte prevenibile, si potrebbero sviluppare strategie personalizzate per ridurre il rischio di malattie croniche legate all’età anche nelle popolazioni industrializzate. Interventi mirati sullo stile di vita — alimentazione più ricca di fibre e antiossidanti, attività fisica regolare, riduzione dello stress — potrebbero rappresentare strumenti chiave per contrastare l’invecchiamento patologico e promuovere una longevità più sana.
Conclusioni
Il lavoro di Franck e colleghi contribuisce a ridisegnare la nostra comprensione dell’invecchiamento, sottolineando che la biologia umana non può essere separata dal contesto culturale e ambientale in cui si sviluppa. In un mondo globalizzato dove le malattie croniche da infiammazione sono in costante crescita, questo studio lancia un messaggio di speranza: non tutto è scritto nei nostri geni, e scelte più vicine a uno stile di vita tradizionale potrebbero aiutarci a invecchiare meglio.
Fonte Nature Aging : Nonuniversality of inflammaging across human populations .