Una scoperta promettente scuote il dibattito sulle terapie per l’invecchiamento cognitivo
Una nuova molecola, presente naturalmente nel cervello, potrebbe rappresentare una svolta nella lotta contro il declino cognitivo legato all’età. Si tratta di Hevin, una proteina prodotta dagli astrociti, cellule gliali essenziali per il funzionamento del sistema nervoso centrale.
Studi recenti su modelli animali hanno mostrato che l’aumento dei livelli di Hevin nelle aree cerebrali legate all’apprendimento e alla memoria è in grado di ripristinare la funzionalità sinaptica e migliorare significativamente le performance cognitive in soggetti anziani. Gli effetti osservati sono stati paragonati a un ringiovanimento cerebrale di circa vent’anni, senza segni di effetti collaterali rilevanti.
Hevin e la plasticità sinaptica
La proteina Hevin svolge un ruolo chiave nella plastica sinaptica, ovvero nella capacità del cervello di formare, rafforzare o riorganizzare le connessioni tra i neuroni. Con l’invecchiamento, i livelli di questa proteina tendono a ridursi, con conseguente perdita di efficienza nei circuiti cerebrali.
Aumentandone la disponibilità attraverso tecniche genetiche sperimentali, è stato possibile ristabilire la densità e la forza delle sinapsi, migliorando sensibilmente la memoria e l’apprendimento, almeno nei modelli animali testati.
Oltre i trattamenti tradizionali
A differenza di molte terapie farmacologiche esistenti, che agiscono su sintomi specifici o su singoli recettori neuronali, l’effetto di Hevin si manifesta a livello dell’intero microambiente sinaptico, influenzando positivamente l’interazione tra neuroni e cellule gliali.
Questa caratteristica potrebbe renderla un’opzione interessante per trattamenti che mirano non solo a rallentare il deterioramento, ma a invertire il processo degenerativo alla base di molte patologie neurocognitive.
Prospettive future
Sebbene i risultati finora ottenuti si riferiscano esclusivamente a studi preclinici, il potenziale di Hevin ha suscitato grande interesse nella comunità scientifica. Si stanno già ipotizzando nuove formulazioni biotecnologiche o farmacologiche in grado di stimolare naturalmente la produzione di questa proteina o di veicolarla in modo mirato nel cervello umano.
Le sfide future riguardano la traslazione dei risultati dagli animali all’uomo, la sicurezza dei trattamenti su larga scala e la capacità di raggiungere in modo efficace il sistema nervoso centrale, superando eventuali barriere biologiche come quella emato-encefalica.