Dal 27 al 29 maggio 2025, oltre 150 partecipanti da 16 Paesi si confronteranno su riconciliazione e resilienza
Phnom Penh, 26 maggio 2025 – In un mondo segnato da violenze, guerre e profonde divisioni, l’Ottavo Colloquio buddhista-cristiano si propone come spazio privilegiato di incontro, dialogo e cooperazione. Dal 27 al 29 maggio 2025, la capitale della Cambogia accoglierà oltre 150 esponenti religiosi buddhisti e cristiani provenienti da sedici Paesi asiatici e da altre regioni del mondo, riuniti attorno al tema: “Buddhists and Christians Working Together for Peace through Reconciliation and Resilience” (Buddhisti e cristiani insieme per la pace attraverso riconciliazione e resilienza).
Promosso dal Dicastero per il Dialogo Interreligioso della Santa Sede, in collaborazione con università e monasteri buddhisti locali e con la Conferenza Episcopale della Cambogia, il Colloquio buddhista-cristiano 2025 mira a rinnovare l’impegno delle due tradizioni religiose nel contribuire alla costruzione di una pace autentica e duratura.
Un incontro tra religioni per guarire le ferite del mondo
Il Colloquio si svolge in una terra segnata da profondi traumi storici, ma anche da un’intensa vitalità spirituale. Non a caso, Phnom Penh è anche la patria del venerato Maha Ghosananda, noto internazionalmente come “il Gandhi della Cambogia”, monaco buddhista e attivista per la pace che ha dedicato la vita alla riconciliazione post-genocidio.
Il valore simbolico del luogo si unisce alla rilevanza globale dell’iniziativa, che vuole rilanciare il potenziale delle religioni nell’affrontare le ferite del nostro tempo. Il Colloquio si propone infatti di mostrare come i testi sacri, le dottrine spirituali e le esperienze vissute di Buddhisti e Cristiani possano offrire strumenti di guarigione interiore e sociale, contribuendo alla resilienza delle comunità e dei singoli.
I partecipanti: 16 nazioni e la Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche
L’appuntamento internazionale vedrà la presenza di rappresentanti religiosi, accademici e monastici provenienti da sedici Paesi dell’Asia e da altri continenti, insieme a delegati della Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche (FABC). Un’occasione per rafforzare il dialogo tra religioni non solo a livello teorico o accademico, ma anche in vista di azioni concrete a favore della pace, della giustizia e della convivenza armoniosa.
Il Dicastero vaticano per il Dialogo Interreligioso, da anni impegnato a livello mondiale nella promozione della comprensione e del rispetto tra le fedi, considera questo colloquio come una tappa essenziale nel cammino verso un dialogo sempre più operativo, concreto e incarnato nei territori.
Il contributo delle religioni alla riconciliazione
Nel comunicato stampa ufficiale si legge: «In un mondo lacerato dai conflitti e dalla violenza, questo colloquio è un richiamo puntuale al potere della religione, non solo per prevenire la violenza, ma anche per favorire la guarigione, la riconciliazione e la resilienza». Le parole riflettono una visione della religione non come fonte di divisione, ma come risorsa etica e spirituale in grado di trasformare i rapporti umani e promuovere la pace.
Il tema scelto – riconciliazione e resilienza – è profondamente attuale: richiama non solo le ferite della Cambogia, ma anche i drammi di tanti altri Paesi asiatici segnati da guerre civili, tensioni interetniche, persecuzioni religiose e ingiustizie sociali. Il Colloquio vuole essere dunque un segno profetico di collaborazione tra religioni, capace di generare percorsi di pace anche nelle situazioni più difficili.
Una tradizione che continua
Questo appuntamento rappresenta l’ottava edizione di una serie di colloqui interreligiosi che, negli anni, hanno contribuito a consolidare i legami tra comunità cristiane e buddhiste in varie parti del mondo. Nati con l’intento di promuovere la mutua comprensione e il rispetto reciproco, questi incontri si sono progressivamente trasformati in laboratori di collaborazione, in cui parole, riflessioni e preghiere diventano progetti, gesti e testimonianze concrete.
L’iniziativa testimonia l’impegno condiviso a costruire un futuro di speranza, in cui la spiritualità si traduca in azione, e in cui le religioni siano sempre più strumenti di comunione piuttosto che di divisione.