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Giornalismo

Il discorso di Carlo Verna, presidente OdG, per la conferenza stampa di fine anno

Conferenza stampa di fine anno: il discorso di Carlo Verna, presidente OdG nazionale.

Buongiorno a tutte e a tutti, ci ritroviamo fisicamente – e non era scontato riuscire a farlo – nel rispetto delle norme anti Covid, dell’essenziale distanziamento e con una serie di accorgimenti che hanno reso diversa questa splendida location di palazzo Madama rispetto al precedente appuntamento.

Quindi, per prima cosa, Signor Presidente del Consiglio grazie per la disponibilità Sua e del Suo staff. L’anno orribile si chiude nel segno della speranza coi primi vaccini somministrati e mi pare significativo che in Grecia, alla cui cultura siamo storicamente legati, la campagna di vaccinazione sia stata chiamata: “Operazione libertà”. Quella sì cara, certo diversamente da quanto sostiene il nostro più grande poeta dopo la vita e la salute.

Prima di addentrami con qualche breve riflessione introduttiva penso sia giusto subito fermarsi per una pausa di raccoglimento per tutte le vittime della pandemia ma mi faccia aggiungere anche per tutti coloro che sono scomparsi in questo 2020. È pure un doveroso segno di vicinanza ai loro familiari.

Per ragioni diverse abbiamo perso in questo 2020 anche eroi della nostra gioventù come Diego Maradona e Paolo Rossi, l’icona dell’Italia vincente … la memoria di cose belle come il Mondiale di calcio  di  Spagna nell’82 fa bene e come dimenticare sempre nello sport Koby Bryant o per la musica e lo spettacolo Ezio Bosso, Ennio Moricone e Gigi Proietti? E per noi giornalisti il maestro Sergio Zavoli, tra gli altri, il nostro Presidente storico Gianni Faustini e quello del Friuli, Piero Villotta?

Ma voltando pagina, in questa conferenza di fine anno, che l’Ordine dei giornalisti organizza insieme all’Associazione Stampa Parlamentare, è tradizione, prima che i colleghi possano porre le loro domande con la sequenza ieri sorteggiata, fare un punto sullo stato dell’informazione nel Paese cominciando con l’evidenziare come le tumultuose trasformazioni del settore, se non governate, possano produrre sfaceli che peraltro si aggiungerebbero a quelli per le risposte, non date da parte della politica, su questioni come le querele bavaglio o come l’inaccettabile carcere ai giornalisti, tema su cui, con riconosciuto diritto alla partecipazione al giudizio del nostro Ordine, la Corte Costituzionale ha dato un termine per legiferare al Parlamento, che scadrà il 22 giugno. La democrazia non cresce senza una vera indipendenza dei giornalisti.

Informazione “pietra angolare dell’ordine democratico” ha chiosato la Corte e intanto la polverizzazione dell’offerta editoriale ha creato nella categoria nuovi poveri. Una rigorosa politica di riaffermazione del principio costituzionale del diritto a un equo compenso è la prima esigenza che costituisce emergenza indifferibile. Sul tema fu varata una legge che proprio la Presidenza del Consiglio, attraverso uno specifico dipartimento, è chiamata ad attuare: lo riconosco, non senza difficoltà ma quel che si sta facendo è troppo poco.

I giornalisti sono forse gli unici professionisti il cui cosiddetto cliente, quando lavorano da autonomi, ovvero l’editore, è di gran lunga il soggetto più forte tra i contraenti. E la giungla penalizza anche gli imprenditori del settore più corretti, pure loro vessati da concorrenze selvagge, possibili sfruttando il lavoro. Senza mezzi termini devo definire “scandalosi” alcuni trattamenti economici per attività professionali svolte. Nessuno può più girarsi dall’altra parte. Riteniamo peraltro che un’altra crisi, quella conseguenziale dell’Istituto di previdenza, debba trasformarsi in opportunità.

È una questione da non trascurarsi quella che riguarda l’Inpgi, siamo preoccupati per la situazione drammatica in cui l’Istituto versa a causa anche delle trasformazioni che ci hanno investito. Non faccio riferimento solo all’art 21 della Costituzione per evitare che, nonostante la rivendicazione di autonomia del nostro potere di controllo sia ben fondata, qualche malizioso possa insinuare che si voglia un paravento per difendere presunti, davvero “molto presunti” privilegi.

Non di questo si tratta e infatti ora e per il futuro, a beneficio di tutti i professionisti di qualsiasi campo che potrebbero trovarsi nelle nostre stesse condizioni, cito l’art. 38 della Costituzione che di fatto prevede l’assicurazione generale obbligatoria per garantire la pensione a ogni cittadino. È un principio fondamentale che determina un legittimo affidamento nello Stato che infatti ha obbligo di vigilare e ha vigilato sulle casse privatizzate. Tutte.

Chi – sottolineo da lavoratore dipendente – ha versato contributi obbligatori non può in nessun modo veder depauperati i propri diritti che saranno difesi dall’Ordine in qualunque sede sia ritenuta opportuna. Auspichiamo, però, Signor Presidente, soluzioni politiche rapide e rassicuranti. Temporeggiare non serve, individuare al più presto la garanzia pubblica sulla base della nostra Carta fondamentale è la strada giusta.

Per questo sia l’Ordine come istituzione che rappresenta tutti coloro che fanno giornalismo sia autonomamente numerosi colleghi hanno fatto appello anche al supremo Garante, il Presidente della Repubblica. Fatta la premessa sull’art. 38 della Costituzione, che vale per qualunque settore che dovesse andare in crisi, va però aggiunto che l’Inpgi rappresenta un unicum nel panorama previdenziale italiano, come hanno confermato le sezioni unite civili della Cassazione nel 2008; in quanto è il solo ente privatizzato sostitutivo dell’Inps in base a una normativa di quasi 70 anni fa, nota come legge Rubinacci, richiamata da un’altra norma del 2000, la 388, che fece dell’Inpgi un ente di diritto pubblico con personalità giuridica ed autonomia gestionale.

Un tavolo anche per un patto fra generazioni appare indispensabile. Sottolineo che la nostra attenzione ai giovani resta prioritaria mentre non possiamo rimanere sordi rispetto ad alcune sollecitazioni che ci pervengono da chi è più anziano. E anche questo tema non riguarda solo i giornalisti. Il cosiddetto digital divide non può essere trascurato in una questione che appare banale ma determina inutile dolore.

Per chi ha più di 75 anni, l’obbligo di pec per tutti gli iscritti agli Ordini professionali che vogliano restare negli Albi, appare una vessazione risparmiabile. Abbiamo pensato ad aiutarli a creare la pec con disponibilità solidali ma se poi non si sa consultarla, il rischio è perdersi qualche notifica con valore legale.

Sviluppo e innovazione non devono dimenticare mai chi rimane dietro. E sì che sul tema delle tecnologie e delle potenzialità e dei rischi pensiamo di essere stati, come da espresso proposito, agenzia culturale. Ci rende peraltro orgogliosi l’approvazione in tempi record del voto telematico per il rinnovo dei nostri organismi.

Signor Presidente, noi crediamo che i dati siano beni comuni e che la politica abbia il dovere di parteggiare per chi, come noi, intende negoziare trasparenza con i cosiddetti Ott. Il fascicolo che come Ordine nazionale dei Giornalisti le regaliamo e che s’intitola: “I nuovi percorsi delle notizie” è un contributo allo sforzo che il governo sta facendo per dare autonomia ed energie al Paese nel gorgo della pandemia.

L’informazione è un aspetto essenziale della sicurezza nazionale, specialmente in questi frangenti. Informazione non a caso, lo ricordava un grande scienziato come Claude Shannon, in molte lingue è sinonimo di intelligenza e anche in italiano le attinenze dei due termini sono forti. Per questo un nostro gruppo di lavoro si è interfacciato con l’Università Federico II di Napoli per sviluppare una ricerca sulle forme e la proprietà delle intelligenze dell’informazione italiana. Il rischio è di essere subalterni ai fornitori di memorie e di software.

Difendere l’equilibrio delle testate e assicurare forza al sistema del giornalismo significa dare autonomia e sovranità al nostro Paese, anche nel combattere la piaga delle fake news contro le quali pure occorre trovare un vaccino che peraltro a livello europeo si sta ricercando contro colonialismo digitale e inquinamento della rete.

Tra le cose che sono mancate quest’anno il tradizionale scambio di auguri al Quirinale con il Presidente Mattarella che ascolteremo con attenzione come sempre domani sera.

Proprio per questo, mi consenta prima di darle la parola, di formulare al Capo dello Stato con gratitudine per l’attenzione costante ai temi dell’informazione, i più fervidi auguri da parte dei giornalisti italiani per quest’anno di speranza, che verrà. Auguri naturalmente estesi a Lei, a tutti coloro che sono in sala o che ci stanno seguendo.

Link Ordine dei Giornalisti nazionale.

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